INTRODUZIONE
PRESIDENTE: Urbano Cairo
CAMPO DI GIOCO: stadio "Delle Alpi", Strada Altessano 131, 10151 Torino (m 105x68,
71.000); stadio olimpico (ex stadio comunale), quartiere Santa Rita, Torino
(m 195x68, 27.200) COLORI SOCIALI: maglia granata, calzoncini bianchi, calzettoni granata
Per fronteggiare la dilagante popolarità della Juventus, il Torino
nacque il 3 dicembre 1906, in una sala al secondo piano di un palazzo in stile
gotico tra le vie Micca e Botero, palazzo tuttora esistente. Poco più di
un mese dopo, il 13 gennaio del 1907, la neonata squadra granata giocò il
primo derby della storia al Motovelodromo Umberto I, valido per le eliminatorie
piemontesi del campionato italiano. Il Torino vinse per 2-1, con reti di
Ferrari-Orsi e Kempler alle quali rispose per la Juventus Borel padre. Quel
primo derby vittorioso fu l'inizio di una storia che col passare degli anni
è divenuta leggenda. Forse il Torino ha conquistato meno titoli sportivi
della Juventus, ma sicuramente nei derby si è sempre fatto valere, alla
grande. Anche nel secondo derby, il 13 febbraio, il Torino ebbe la meglio, ma
stavolta per 4-1. Nel girone finale, poi, il Torino si qualificò al
secondo posto. Il calcio a Torino, per la verità, anche prima della
fondazione del Toro non era solo legato alla Juventus. Nel 1890 era nata
l'Internazionale Torino (che avrebbe disputato e perso la finale 1898 contro il
Genoa), nel 1894 il Football Club Torinese e nel 1897 la Ginnastica Torino.
Proprio dal F.C. Torinese (che nel frattempo aveva assorbito anche
l'Internazionale di Torino) era nato poi il Torino, grazie anche alla "fuga" di
alcuni soci dalla Juventus. Nel 1908 la Federazione cambiò rotta. Decise
di escludere dal campionato italiano tutte le squadre che avessero tesserato
troppi stranieri. Il Torino quindi non partecipò al campionato, ma solo
ad alcuni tornei locali. Il Toro tornò a giocare il campionato italiano
nel 1909. Non riuscì però ad approfittare di un certo periodo di
appannamento attraversato dalla Juventus. Proprio in quel campionato, infatti,
nacque la leggenda della Pro Vercelli, una squadra fortissima e apparentemente
imbattibile. Nelle eliminatorie piemontesi, il Torino riuscì a far fuori
la Juventus (1-0, 1-3 e poi 1-0 nello spareggio) ma dovette cedere alla Pro
Vercelli (che poi si sarebbe laureata campione d'Italia) con una doppia
sconfitta, per 2-1 e 1-0. Poi toccò alla Juventus riprendersi alla
grande. E per il Torino negli anni seguenti non ci furono molte soddisfazioni.
Nel 1909/10 si classificò quarto nel girone unico nazionale, nel 1910/11
terzo nel girone ligure-lombardo-piemontese, quarto l'anno successivo nello
stesso girone. Nel 1912/13 terzo nel girone piemontese, nel 1913/14 terzo nel
girone ligure-piemontese. Nel 1914 riuscì ad arrivare secondo nel girone
finale dell'Italia settentrionale. Nel 1919/20, alla ripresa del campionato dopo
la prima guerra mondiale, il Torino giunse 4° nel girone di semifinale
dell'Italia settentrionale. Nel 1920/21 il campionato italiano si divise in due
e il Torino scelse di giocare nel torneo C.C.I. (Confederazione Calcistica
Italiana). Nei quarti di finale, il Torino stabilì il primato di durata:
in una partita con il Legnano, a forza di tempi supplementari, si giocò
per due ore e mezza, senza riuscire a sbloccare il risultato. Si rigiocò
due giorni dopo, ma ancora più in parità. Il Torino decise allora
di ritirarsi dalla competizione. L'anno successivo ottenne un ottavo posto nel
girone B della Lega Nord, nei quattro anni seguenti un sesto posto e ben tre
secondi posti. Al titolo di campione d'Italia il Torino sarebbe arrivato nel
1926/27. La storia ci parla di un vero e proprio trionfo dei granata in quella
stagione, ma la Federazione mise sotto inchiesta una partita vinta per 2-1
contro la Juventus; Allemandi fu incolpato di aver "venduto" la partita al Toro
per 25.000 lire. Il titolo venne allora revocato. Ma già l'anno
successivo il Torino si cucì sulla maglia il primo scudetto. I risultati
di quella squadra furono davvero strabilianti. Si legge di un 11-0 sul Brescia,
di un altro 11-0 sul Napoli, addirittura di un 14-0 sulla Reggiana con 7 gol di
Baloncieri. Era davvero un grande Torino, ma l'anno successivo dovette
inchinarsi al Bologna nella finalissima del campionato, perdendo la "bella" per
1-0. L'avvento del girone unico non portò molta fortuna al Torino. Nella
prima edizione si classificò al quarto posto, poi una lunga serie di
risultati altalenanti: settimo, ottavo, ancora settimo, dodicesimo e
quattordicesimo. Nel 1935/36 vinse la Coppa Italia, nel 1936/37 trasformò
il suo nome in A.C. Torino (prima era F.C. Torino). Per arrivare al secondo
titolo italiano bisogna aspettare il 1942/43, stagione in cui i granata
conquistarono anche la Coppa Italia. Era già il vero grande Torino,
quello di Loik e Valentino Mazzola (che erano stati acquistati dal Venezia
nell'estate del 1942 per 1.200.000 lire), che avrebbe dominato il calcio
italiano per diversi anni. Dopo la pausa bellica (con un secondo posto nel
campionato Alta Italia), riecco il grande Torino campione d'Italia nel 1945/46,
poi nel 1946/47 (solo tre sconfitte in 38 partite, Mazzola capocannoniere con 29
reti) e nel 1947/48.
La disposizione in campo del Torino negli anni '40
Poi la tragedia. Il 4 maggio del 1949, la
squadra granata capolista si schiantò con l'aereo che la riportava da
Lisbona (dove aveva disputato un'amichevole) contro la collina di Superga, a
causa della scarsa visibilità.
Fu una perdita incredibile per il calcio italiano: quel Torino costituiva infatti
l'ossatura della nazionale azzurra. Alla squadra granata fu assegnato lo
scudetto prima ancora che il campionato finisse; ma quel quinto scudetto fu
l'ultimo della serie, per parecchi anni.
Il relitto della sciagura aerea di Superga
Addirittura, nella stagione 1958/59 successe quanto di peggio
poteva accadere ad una società con la storia del Torino alle spalle. La
squadra retrocesse in B, e quella rimane una delle maggiori vergogne nella
storia granata. Già l'anno dopo la squadra riuscì a risollevarsi e
a ritornare in serie A, ma per diversi anni recitò un ruolo di
comprimaria. C'è un terzo posto nel 1964/65, con l'astro nascente Gigi
Meroni che però sarebbe perito tragicamente in un incidente nell'ottobre
del 1967. Poi ci sono due Coppe Italia, una nel 1967/68 e una nel 1970/71.
La formazione del Torino nella stagione 1969-70Ci vuole però
Gigi Radice per riportare il Torino allo scudetto. Siamo nel 1975/76, in un
periodo cioè in cui le squadre torinesi si sono poste ai vertici del
calcio italiano. Il Torino può schierare tra le sue file due cannonieri
eccezionali come Pulici e Graziani, i "gemelli del gol". E poi Pecci, Mozzini,
Zaccarelli. Il Toro riesce ad annullare lo svantaggio dalla Juventus che a un
certo punto è addirittura di 5 punti. Il Torino 1975/76 stabilisce anche
un record assoluto per i campionati a 16 squadre: 29 punti casalinghi su 30.
L'anno successivo, il Torino riuscì nella... clamorosa impresa di non
vincere il campionato con 50 punti. Infatti prima arrivò una grandissima
Juventus con 51 punti (i bianconeri vinsero anche la Coppa UEFA). Negli anni
seguenti, le cose non furono più così facili. Le avversarie
iniziarono ad attrezzarsi e il dominio di Torino da allora non fu più
assoluto. Per il Torino dal 1975 al 1982 vi furono un terzo posto, due quarti,
un ottavo e due noni.
Il Torino che ha conquistato lo scudetto 1975-76
UN TORO MALANDATO DALLE CORNA SPUNTATE
Non è stata una grande stagione quella del
Torino 1982/83. Un ottavo posto stiracchiato, molte contestazioni, più
d'una tirata d'orecchi ai giocatori, nessun elemento di spicco da mettere sul
mercato per sanare il bilancio. Solo qualche giovane da promuovere per la prima
squadra. I due stranieri, Hernandez e Van de Korputt, non hanno incantato: il
primo, comunque, viene riconfermato per il campionato 1983/84, il secondo torna
in Belgio da dove è arrivato. Il cavalier Sergio Rossi è sempre
alla presidenza della società, Luciano Moggi alla direzione sportiva e
generale. Moggi conosce il calcio come pochi, ha un fiuto eccezionale: riesce a
valorizzare i giovani, riesce a concludere qualche buon affare. Nel Torino ci
sono elementi abbastanza validi, basta affiancarli a qualche altro elemento di
valore per avere una squadra competitiva. Nell'estate 1983 arrivano in granata
Caso, Francini, Mariani, Pileggi e l'austriaco Schachner, prelevato dal Cesena
dove ha fatto sfracelli. Oltre a Van de Korputt vengono ceduti Borghi, Torrisi,
Bertoneri, Bonesso e Salvadori, più una schiera di giovani che il Torino
ha allevato e che ogni anno invia per l'Italia a farsi le ossa. Allenatore
è Eugenio Bersellini, il "sergente di ferro". Con i nuovi acquisti
Bersellini imposta la sua formazione che in linea di massima è la
seguente: Terraneo; Pileggi, Beruatto; Zaccarelli, Danova, Galbiati; Schachner,
Caso, Selvaggi, Dossena, Hernandez. Con le alternative di Ferri, Francini, Comi,
Corradini, Marco Rossi e Copparoni il secondo portiere. In Coppa Italia la
squadra ottiene il passaggio agli ottavi di finale nel girone con Vicenza,
Foggia, Palermo, Monza e Genoa. Schachner è il goleador di questa
competizione iniziale: realizza 4 gol contro il Vicenza, uno contro il Palermo e
uno contro il Monza. La squadra si piazza al primo posto. Nel prosieguo della
Coppa, negli "ottavi" supera la Sampdoria con due pareggi (l'1-1 in trasferta la
qualifica), mentre viene eliminata in semifinale dalla Roma perdendo entrambe le
partite. In campionato le cose vanno a corrente alternata: per sette partite
è imbattuta, alla sesta vince il derby con la Juventus, ma alla settima
perde l'imbattibilità a Genova contro i rossoblù genoani. La
marcia continua con un pareggio ad Ascoli e la vittoria sulla Lazio. Alla
11ª giornata è in seconda posizione unitamente a Fiorentina, Roma,
Sampdoria e Verona ad un punto dalla Juventus solitaria capolista. Pareggia con
il Verona, vince a Milano contro il Milan, in casa con la Sampdoria, pareggia a
Napoli ed alla fine del girone d'andata è secondo in classifica da solo
dietro alla Juventus, staccato di 2 punti: 20 contro i 22 dei bianconeri. Nel
girone di ritorno le cose non vanno più per il giusto verso. Schachner
incomincia a perdere i colpi, Hernandez realizza ma gli altri fanno cilecca. Il
Toro perde il derby con la Juventus e finisce al terzo posto con 6 punti di
distacco. Nel finale perde anche a Roma con la Lazio, pareggia a Pisa, perde in
casa con l'Udinese e pareggia a Verona. Perde nuovamente in casa con il Milan, a
Genova con la Sampdoria e chiude con la vittoria sul Napoli in casa; ma non va
al di là del 5° posto con 33 punti. Hernandez è il goleador
con 11 gol, Schachner ne ha realizzati 8, Selvaggi 7. Ma emerge un goleador del
settore giovanile, Comi.
CON GIGI RADICE E JUNIOR TORNANO I BUONI RISULTATI
Per la stagione 1984/85 si cambia panchina.
Bersellini lascia e va alla Sampdoria, gli subentra Gigi Radice, l'uomo
dell'ultimo scudetto. Luciano Moggi resta al suo posto nella direzione sportiva,
Rossi alla presidenza. Hernandez viene ceduto all'Ascoli. Arriva dal Brasile,
proveniente dal Flamengo, Leovegildo Lins Gama, meglio noto come Junior,
nazionale brasilero, centrocampista, talento eccezionale. Torna Mariani dal
Catanzaro, Martina è il portiere in sostituzione di Terraneo passato al
Milan, torna anche Sclosa ed è in arrivo dall'Inter Aldo Serena. Vengono
ceduti Marco Rossi e Benedetti. Radice può contare su una squadra molto
più forte che non quella della passata stagione. Una squadra che al via
della Coppa Italia si presenta così: Copparoni; Corradini, Francini;
Galbiati, Danova, Beruatto; Pileggi, Zaccarelli, Schachner, Junior, Sclosa. Per
il campionato, invece, Radice presenterà questa formazione: Martina;
Corradini, Francini; Galbiati, Junior, Ferri; Schachner, Dossena, Serena,
Beruatto, Pileggi, con le alternative di Copparoni in porta, Danova in difesa,
Comi, Sclosa, Mariani in attacco ed a centrocampo Caso Primo turno facile in
Coppa Italia. Passaggio agli ottavi con le vittorie sulla Cremonese e
sull'Empoli e i pareggi con Cesena, Vicenza e Monza. Negli ottavi viene superato
il Cagliari con un solo gol di Junior, nei quarti si verifica l'eliminazione da
parte della Sampdoria. Junior, comunque, si è presentato. È quel
giocatore che tutti si attendevano: forte atleticamente, forte tecnicamente,
subito attaccato ai nuovi colori. Impiega pochissimo ad ambientarsi: gioca a
tutto campo, fornendo palloni a tutti e realizzando anche dei gol importanti.
Svettano Schachner e Serena. Quest'ultimo realizza due gol contro il Napoli, uno
contro l'Udinese a Udine, uno contro l'Inter nel pareggio di Torino, mentre
Junior segna il suo primo gol nel campionato italiano su calcio di rigore contro
la Lazio a Torino. Schachner e lo stesso Junior battono il Milan con un gol a
testa ed arriva il derby con la Juventus. Le squadre, con i gol di Platini e
Francini, sono in parità sino ad un minuto dalla fine, ma all'89' Junior
batte un corner come solo lui sa fare, Serena incorna e il Torino vince il
derby. La grande occasione di restare sulla scia del Verona capolista viene
però perduta in casa proprio contro gli scaligeri. È un
campionato, quello granata, a buoni livelli comunque. La squadra va a vincere ad
Avellino, batte il Como in casa, pareggia a Bergamo e contro la Fiorentina in
casa, perde a Roma contro i giallorossi e pareggia ad Ascoli. Dopo la vittoria
contro la Cremonese, riperde a Napoli allontanandosi dal Verona facendosi
superare in classifica dall'Inter, si rifà comunque con l'Udinese,
pareggia a Milano contro l'Inter, nel finale batte il Milan a San Siro, perde il
derby con la Juve, vince a Verona ed in casa con l'Avellino. Dopo tre pareggi
consecutivi, batte la Roma al Comunale nell'ultima partita chiudendo il
campionato al secondo posto a quattro punti dal Verona campione.
UN ALTRO CAMPIONATO DI ZONA UEFA
È una stagione molto buona per il Torino,
piazzatosi davanti alla Juventus, alla Roma ed all'Inter, con la conquista della
zona UEFA, con la valorizzazione di Francini, di Comi, Sclosa e Ferri, con la
conferma di un campione come Junior, la rinascita di Dossena. Ma il Toro deve
far subito buon viso a cattiva sorte perché a fine stagione perde Serena,
che deve tornare all'Inter per poi passare alla Juventus. Serena ha giocato con
il Toro 29 partite realizzando 9 gol tutti importanti: è uomo da
nazionale, ma è impossibile trattenerlo. Per il campionato 1985/86 non
resta che confermare tutti i giocatori della stagione precedente e, in
sostituzione di Serena, dare fiducia a Comi, prodotto del settore giovanile. Per
il centrocampo viene acquistato Sabato dall'Inter. Radice, confermato per il
secondo anno, inventa la formazione promuovendo qualche altro giocatore del
settore giovanile, come Lerda, Cravero, Osio, facendo giocare anche Pusceddu
prelevato dal Cagliari. In Coppa Italia il Torino si qualifica unitamente al
Como, avversario del girone. Ma non va lontano nella competizione. In campionato
il debutto avviene a Udine con un pareggio senza reti. La prima vittoria arriva
subito in casa con la Fiorentina (2-1 con gol di Corradini e Junior); dopo il
pareggio di Lecce e la vittoria sulla Sampdoria, infila tre sconfitte
consecutive, contro la Roma, nel derby con la Juve e con il Milan a San Siro.
È un momentaccio, che viene superato con una serie di sette partite senza
perdere: tre vittorie e quattro pareggi. Alla fine del girone d'andata la
squadra ha totalizzato 16 punti e una infinità di gol mancati soprattutto
da Schachner, detto anche "sbaglialo". Sono 17 i punti conquistati nel girone di
ritorno per un totale di 33 punti: arriva il quarto posto che vuol dire zona
UEFA. In fondo al Torino si attendevano solo questo. C'è maretta al Toro.
La squadra, che un tempo prometteva bene e che si piazzava perlomeno ai posti
d'onore per esibirsi nello spazio europeo, stenta a piazzarsi nelle prime
posizioni. Se lo fa, in Europa, non arriva mai al di là dei quarti di
finale delle Coppe a cui partecipa. La società, inoltre, è sempre
contestata: Sergio Rossi, il presidente, che ha rilevato il Torino quando stava
per andare in disgrazia, non molla i pappafichi, tiene bene chiuse le porte
delle casseforti. La contestazione arriva, nella stagione 1986/87, per quei
pochi acquisti che Sergio Rossi propina alla squadra: Kieft e Lorieri, mentre
partono Schachner, Martina, Pusceddu e Osio. Gigi Radice, confermato alla guida
tecnica della squadra, è comunque contento così: gli piace
lavorare sui giovani, svezzarli, lanciarli nel firmamento della massima serie.
Così promuove alla prima squadra definitivamente Comi, Ezio Rossi, Lerda,
Fuser e Cravero, tutti elementi cresciuti nel fiorente vivaio granata, uno dei
più ricchi d'Italia. Con la squadra della passata stagione e con i due
ritocchi, Radice presenta in Coppa Italia questa formazione: Lorieri; Corradini,
Francini; Cravero, Junior, Ferri; Beruatto, Sabato, Kieft, Dossena, Comi, con
Zaccarelli ancora sulla breccia e pronto all'occorrenza, poi Rossi, Lerda,
Pileggi e Mariani. Tutto bene in Coppa Italia: il Toro supera il primo turno, ma
è bloccato, negli ottavi di finale, dal Cagliari. In campionato la
squadra parte con la vittoria sul Verona nella prima giornata, pareggia a Como e
perde in casa, alla terza, con l'Ascoli. Il cammino procede a fasi alternate: in
otto giornate totalizza solo 6 punti in tre partite, perdendone cinque. Alla
fine del girone d'andata i punti sono soltanto 14, pochini pochini. E nel
ritorno sono addirittura 11, per una classifica da 11° posto e con tanto di
tremarella verso la fine del campionato perché la squadra, per undici
domeniche addirittura, non era mai riuscita a vincere. Sergio Rossi lascia,
contestato dai tifosi, preferisce passare la mano a Mario Gerbi. Anche Luciano
Moggi lascia i granata per accasarsi al Napoli. Gli subentra Federico Bonetto,
da anni al Torino come vice d.s. e prontissimo alla nuova carica. Viene
confermato anche Gigi Radice, stimato da tutti e, come sempre, gran lavoratore.
La campagna acquisti 1987/88 è molto più consistente di quella
della precedente stagione: arrivano Benedetti, Berggreen, Crippa, Gritti e il
portiere Zaninelli a far da secondo a Lorieri. Dal settore giovanile vengono
promossi Bresciani, Di Bin e c'è la conferma di Fuser. Radice ha nella
mani una buona squadra e la lancia subito in Coppa Italia dove conquista la
qualificazione per il prosieguo attraverso le vittorie con l'Atalanta, l'Arezzo
e il Vicenza e malgrado le sconfitte con la Sampdoria e il Cosenza al debutto.
Anche il debutto in campionato non è di quelli felici. Ad Avellino il
tecnico granata presenta la seguente squadra: Lorieri; Corradini, Ferri; Crippa,
Rossi, Cravero; Berggreen, Sabato Polster, Comi, Gritti. La squadra perde per
1-2. Realizza l'austriaco Polster, ma l'undici granata non regge alle incursioni
avellinesi. La squadra, insomma, soffre a centrocampo la mancanza di Junior,
ceduto al Pescara, anche se Comi, trasformato da Radice da attaccante a
centrocampista, riesce a distinguersi nel nuovo ruolo. Ma soprattutto soffre la
mancanza di Dossena, finito chissà come all'Udinese. Sono partiti anche
Francini (al Napoli), Beruatto, Kieft, Lerda, Zaccarelli (ha chiuso con le
scarpe bullonate), Lentini, Pileggi, Copparoni e Mariani. Esplode, invece,
Crippa prelevato dal Pavia in serie C1 che avrà anche l'onore di essere
convocato da Vicini per la nazionale. La squadra, in ogni modo, dopo le prime
incertezze del campionato (alla sconfitta di Avellino fa seguito la vittoria per
4-1 sulla Sampdoria e la sconfitta ad Ascoli per 3-0), infila cinque partite
senza perdere. Ne seguono poi sei senza vittoria con la sconfitta in casa contro
l'Empoli: sono in tutto 14 i punti nel girone d'andata. Va molto meglio il
girone di ritorno: i giovani promettono, Polster segna qualche gol in
più, Radice concede fiducia a Bresciani e il giovanotto lo premia con
degli ottimi gol. Arrivano 17 punti per un totale di 31 che portano la squadra
al settimo posto in classifica come la Juventus e proprio contro i bianconeri il
Torino deve giocare lo spareggio per conquistare un posto in Coppa UEFA.
È l'ultima occasione per il Toro di entrare nel giro delle coppe.
Purtroppo i granata mancano anche questa opportunità, sfruttata invece
dai bianconeri. In precedenza la squadra di Radice aveva perso la finale della
Coppa Italia contro la Sampdoria, pur avendo sognato la vittoria sino a pochi
minuti dalla fine quando Salsano realizzò il gol della qualificazione. In
Coppa Italia, il Torino era arrivato alla finalissima dopo aver battuto il
Verona, il Napoli e addirittura la Juventus nei due derby, vincendo il primo per
2-0 e perdendo il secondo per 1-2. Stagione fallimentare? Stagione piuttosto
sfortunata, con la sola eccezione di una valorizzazione, quella di Crippa
passato al Napoli unitamente a Corradini. La stagione 1988/89 sarà
segnata a Torino sul libro nero della storia granata. Una delle squadre
più amate d'Italia (per i ricordi del grande Toro di Valentino Mazzola)
retrocede per la seconda volta in serie B, dopo ventotto anni nei quali ha vinto
anche uno scudetto nella stagione 1975/76. Squadra male assortita a causa della
campagna trasferimenti dell'estate? Intrighi di società? L'uno e l'altro.
Gli è che le cessioni di Crippa e Corradini al Napoli si sono fatte
sentire mentre gli acquisti, specialmente degli stranieri, sono risultati meno
incisivi di quanto ci si attendesse. Due i brasiliani acquistati: Edu e
Müller più lo jugoslavo Skoro. Il resto della squadra, tranne
Corradini e Crippa, non cambia. Rimane anche Gigi Radice, l'artefice dello
scudetto del 1976, capace di condurre per mano la squadra. presidente è
rimasto Gerbi, ma il suo attaccamento ai colori granata più che dalla
passione dipende dai risultati. E quando la squadra sta per naufragare, Gerbi
l'abbandona, non prima di aver licenziato Gigi Radice e mandato in panchina
Claudio Sala. Morale: la squadra con Radice raccoglie pochi punti, con Claudio
Sala meno ancora ed a metà marzo è quart'ultima con soli 14 punti
e in zona retrocessione. Anche Gerbi, quindi, lascia: gli subentra Gianpaolo
Borsano, piemontese, entusiasta che affida la squadra a Vatta, l'allenatore
della Primavera, uno insomma che di calcio se ne intende. Ma, intanto,
Müller fa le bizze. Scappa in Brasile per riportare la moglie a Torino, Edu
nemmeno si vede e solo Vatta gli ridà fiducia. Skoro segna qualche gol ma
non basta. La squadra vacilla e Müller riesce a tenerla a galla,
soprattutto a Como ed a Torino contro l'Inter. Si arriva, quindi, all'ultima
giornata. Il Toro deve incontrare il Lecce e deve solo vincere per sperare di
salvarsi. Ma a Lecce, proprio sul filo di lana, la squadra perde la faccia e la
permanenza in serie A. Se ne dispiacciono in parecchi ma la simpatia non
può cambiare la classifica.
LE GRANDI DISGRAZIE GRANATA
Fa tristezza vedere questa gloriosa squadra del
Torino relegata in serie B, più per le disgrazie societarie che per il
comportamento in campo. Ma, purtroppo nel calcio, le disgrazie non arrivano mai
sole e dalle stesse si ottiene quello che non vorresti mai si ottenesse. Le
disgrazie del Torino: torna in serie A alla fine del campionato 1989/90 guidata
da Eugenio Fascetti dopo un anno di purgatorio. Torna con il gol di Paciocco e
Policano, ma Gian Mauro Borsano, il presidente, deve cambiare tutto: allenatore
e giocatori. Affida la squadra ad Emiliano Mondonico, arriva al quinto posto in
classifica, conquistando il diritto di partecipare alla Coppa UEFA, vince la
Mitropa Cup battendo in finale il Pisa dopo i tempi supplementari. In squadra ci
sono Scifo, Casagrande, Martin Vasquez, Lentini, Sordo, elementi che danno un
certo affidamento. La squadra, insomma, riacquista quello splendore di un tempo
e riesce addirittura a vincere la Coppa Italia della stagione 1992/93 superando
in due partite di finale la Roma con risultati incredibili (3-0 a Torino, 2-5 a
Roma). In Coppa UEFA si fa eliminare al primo turno dall'IFK di Goteborg, in
Coppa delle Coppe elimina il Lillestrom, l'Aberden ma nel terzo turno viene
eliminato dall'Arsenal per un solo gol di scarto. Tuttavia è già
un successo essere nelle competizioni europee.
Il Torino vincitore della Coppa Italia 1992-93
Ma succede quello che non dovrebbe succedere. Gian
Mauro Borsano, vittima della sua mala governabilità, deve cedere la
società e, prima di farlo, cede Lentini al Milan ad una cifra
spropositata con la prerogativa di far scoppiare il finimondo tra società
e tifosi. Gli succede Roberto Goveani che resta ben poco. La società
passa nelle mani di Gian Calleri che deve fare i salti mortali per salvare il
bilancio ed iscrivere la squadra al campionato. Intanto partono un po tutti
mentre arrivano giocatori di altro stampo. Partono Scifo, Casagrande,
Francescoli, arrivano Pelè, Angloma ma anche gente sconosciuta. Per
restare a galla Calleri deve operare con una certa oculatezza, guardando prima
il bilancio e poi la squadra, che bene o male, con Mandonico in panchina, riesce
a salvare il salvabile. Finché anche Mondonico lascia. È un
susseguirsi di allenatori: Sonetti, Scoglio, Lido Vieri. Ci sono i gol di
Rizzitelli, ci sono giocatori che vanno per la maggiore, ma non basta: ci sono
giovani come Bernardini, Cristallini, Falcone, Milanese, ma ci sono anche Karic,
Simo, gente che conta poco. C'è il Settore Giovanile che una volta era il
grande serbatoio della prima squadra, ma anche questo, ormai, serve a poco. E il
campionato diventa disastroso. La squadra affidata a Sonetti, poi a Scoglio ed
infine a Vieri, non riesce a recuperare, perde colpi su colpi e deve retrocedere
in serie B, una categoria che non si addice alla società che dalla
società subisce questa umiliazione.
TRA A E B... CON I SOLITI CAMBI DI PROPRIETÀ
Il Torino per la stagione 1996/97 si ritrova a
giocare in serie B. È una realtà difficile da accettare per i
tifosi e per i calciatori stessi. La squadra fa un campionato senza pretese e si
piazza al nono posto. Nel frattempo nel marzo 1997 la guida della società
era passata da Calleri, contestato dalla tifoseria torinista, a Massimo
Vidulich, presidente dell'HSL. I primi obiettivi della nuova dirigenza sono
merchandising, rilancio del marchio, quotazione in Borsa e stadio di
proprietà. La ricostruzione societaria si accompagna a quella sportiva:
per la stagione 1997/98 la guida tecnica del Torino viene affidata all'ex
giocatore scozzese Greame Souness; tra i nuovi arrivi figurano buoni calciatori,
tra cui Gigi Lentini, che torna a vestire la maglia granata a distanza di cinque
anni, Brambilla e Bonomi. La squadra parte male, tanto che Souness viene
esonerato alla sesta giornata di campionato, sostituito da Edoardo Reja. I
granata si riprendono e veleggiano stabilmente tra le prime posizioni. Alla fine
del torneo sono quarti, a pari punti col Perugia. Lo scontro per decidere quale
tra le due formazioni verrà promossa in serie A si svolge sul neutro di
Reggio Emilia. La posta in gioco è elevata, la partita è nervosa e
l'arbitro Cesari è subito impegnato a smorzare ogni accenno di gioco duro
(nei primi 7' espelle il granata Tricarico e ammonisce Bucci e
Materazzi). Al 75' passa in vantaggio il Perugia con Tovalieri; 4' dopo la
squadra di Reja perviene al pareggio con Ferrante. Finiti in parità i
tempi regolamentari, si procede ai supplementari, dove il risultato non cambia.
Si va così ai rigori, dove per il Torino è fatale l'errore di
Dorigo, che consegna la vittoria finale (6-5) e la promozione agli
umbri.
Per la stagione 1998/99 la squadra granata viene affidata a Emiliano
Mondonico. Trascinato dall'esperienza di Lentini e dai gol di Ferrante (28), il
Toro agguanta il secondo posto in classifica e conquista la serie A. La stagione
successiva, dopo una buona partenza che fa sperare i tifosi in una salvezza
tranquilla, nel girone di ritorno la squadra perde colpi, dimostra poca
concentrazione e poca determinazione e, dopo un solo anno di permanenza in A,
è costretta alla retrocessione, nonostante i 18 gol di Ferrante. Poco
prima della fine del torneo la proprietà della società granata
passa nelle mani della SIS con a capo l'industriale torinese Franco Cimminelli;
la presidenza del club dal giugno 2000 viene ricoperta da Attilio
Romero.
Per la stagione 2000/01 la squadra, chiamata a un pronto riscatto,
viene affidata all'esperto Luigi Simoni il quale, tuttavia, il 29 ottobre, dopo
una serie di risultati negativi, viene esonerato. Al suo posto arriva
l'allenatore delle giovanili del Torino, Giancarlo Camolese, l'uomo della
svolta, che guida i granata a una esaltante rimonta. Il Torino, a dispetto anche
della cessione del bomber Ferrante all'Inter a metà stagione, si esprime
con autorità e determinazione e centra l'obiettivo della promozione in
serie A agguantando il primo posto della classifica cadetta e stabilendo il
record di punti fatti, ben 73. E in più, con la vittoria all'ultima
giornata a Salerno, i granata raccolgono un'altra manciata di record: vittorie
in trasferta (10), totale vittorie in campionato (22) e punti conquistati in
trasferta (32).
Per la stagione 2001/02 Camolese viene confermato alla
guida della squadra granata che viene rinforzata con il ritorno di Ferrante e
gli arrivi del centrocampista Simone Vergassola, degli attaccanti Cristiano
Lucarelli e José Maria Franco, quest'ultimo proveniente dal
Peñarol, e, a torneo in corso, del centrocampista francese Benoit Cauet.
Il Torino conduce un campionato di metà classifica, esaltandosi
soprattutto nei derby contro la Juve, e al termine del torneo si piazza
all'undicesimo posto, conquistando la qualificazione all'Intertoto per la
rinuncia dell'Atalanta.
Nel 2002/03 il Torino disputa un campionato deludentissimo, contraddistinto da
un'alternanza di allenatori sulla panchina granata: da Camolese la squadra passa
a Ulivieri e quindi a Zaccarelli, che non riesce a evitare l'ultimo posto finale e la
nuova retrocessione in B.
Cimminelli e Romero decidono di modificare radicalmente il settore tecnico:
responsabile viene nominato Renato Zaccarelli, direttore sportivo Roberto Cravero e
allenatore Ezio Rossi. Dopo un inizio di campionato promettente, la squadra
smarrisce gioco e risultati, terminando a metà classifica tra la contestazione dei
tifosi.
FALLIMENTO E RINASCITA
Nel 2004/05 alla guida tecnica viene confermato Ezio Rossi che rimane fino alla
40
a giornata, quando, con il Toro in terza posizione, viene esonerato
e sostituito da Zaccarelli. Qualificatisi per i play off, i granata eliminano
l'Ascoli e vincono la finale contro il Perugia (2-1, 1-0), ottenendo la promozione
in A. La gioia per il ritorno nella massima categoria dura poco: a causa del
dissesto economico-finanziario della società, nell'agosto 2005 il Torino Calcio
viene dichiarato in via definitiva non idoneo all'iscrizione in A. Dopo 99 anni di
storia gloriosa viene decretato l'inevitabile fallimento del club granata, con la
conseguente cancellazione dal panorama calcistico. I primi a farsi avanti per
far rinascere una nuova entità professionistica a Torino sono degli imprenditori
facenti capo all'avvocato Pierluigi Marengo, che fondano l'SSC Torino, presentando
domanda per l'ammissione al Lodo Petrucci che garantisce il trasferimento alla
nuova società del titolo e dei meriti sportivi, in modo da evitare al club di
ripartire dalla C, avviando invece le pratiche per l'iscrizione in B. Il 19 agosto
viene annunciato che la società verrà ceduta all'editore Urbano Cairo, che
riuscirà a rilevare il club solo a fine agosto, al termine di un contenzioso
con l'imprenditore laziale Luca Giovannone. Il 26 agosto l'assemblea dei soci
dell'SSC Torino delibera l'aumento di capitale a 10 milioni di euro e fonda
ufficialmente il Torino Football Club SRL, alla cui presidenza viene designato
Cairo.
Nel 2005/06 la squadra, guidata dapprima da Paolo Stringara e quindi da Gianni
De Biasi, termina la stagione al terzo posto. Qualificatisi per i play off,
i granati eliminano il Cesena (1-1, 1-0) e battono in finale la sorpresa
Mantova (2-4, 3-1), tornando in serie A. Nel luglio 2006, in vista dei
festeggiamenti per il Centenario, Cairo acquista all'asta fallimentare il
marchio del "vecchio" Torino, con le coppe e i cimeli del Grande Torino.